Omero nel Baltico

Tutti conosciamo l’Odissea, il poema epico di Omero che racconta il viaggio di ritorno a Itaca di Ulisse, dopo la conclusione della guerra di Troia. In realtà quello di Ulisse è soltanto uno dei tanti “ritorni” degli eroi che combatterono a Troia; molti sono raccolti nell’opera epica denominata (in greco) Nostoi (i Ritorni). Gli studiosi hanno sempre collocato nel Mediterraneo l’azione dei poemi omerici, soprattutto dopo il 1872, quando l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann portò alla luce, in Turchia, il sito archeologico di Troia.

Nel 1995, l’ingegnere nucleare romano Felice Vinci, appassionato lettore di Omero ed altrettanto appassionato viaggiatore, confrontando il racconto omerico con i luoghi dove si presume si siano svolti i fatti, ha rilevato alcune contraddizioni. L’approfondimento di questo excursus geografico è diventato un libro – molto interessante – intitolato “Omero nel Baltico”. Come si intuisce già dal titolo, il Vinci non colloca nel Mediterraneo le vicende raccontate da Omero, ma nel Baltico.

La molla che fa scattare la ricerca del Vinci è la collocazione geografica dell’isola Ogigia, resa celebre da Omero perché vi passò molto tempo Ulisse in compagnia della ninfa Calipso. Mentre la maggior parte degli studiosi colloca Ogigia nel Mediterraneo, Vinci ricorda un’affermazione dello scrittore greco Plutarco, contenuta nel trattato “De facie quae in orbe lunae apparet” (Il volto della luna, scritto nel 75 d.C.). Nel capitolo 26, Plutarco indica le coordinate dell’isola Ogigia, «… a cinque giorni di navigazione dalla Britannia, in direzione occidente». Seguendo questa traccia, Vinci inizia ad esaminare l’arcipelago delle isole Faroe, situate nell’Atlantico settentrionale. Una di queste, l’isola di Stora Dimun, è caratterizzata da un monte denominato Hogoyggj. La similitudine tra i nomi Hogoyggj e Ogigia è interessante, così come è interessante il nome di un’altra isola dell’arcipelago: Mykines. Ovviamente, pensiamo subito a Micene, la città del Peloponneso capitale dell’omonima civiltà sviluppatasi nel II millennio a.C. Sembrerebbe una curiosa coincidenza. E ancora, le “grotte profonde” menzionate da Omero nella descrizione dell’isola Ogigia, sono un elemento caratterizzante delle isole dell’arcipelago delle Faroe. Inoltre, il fatto che Omero descriva la ninfa Calipso come la «figlia del terribile Atlante» (Odissea, I, 52) rafforza l’ubicazione atlantica di Ogigia.

Immaginiamo che l’intuizione di Vinci sia giusta. Nel racconto di Omero Ulisse trascorse sette anni sull’isola Ogigia, finché riuscì a salpare, ricordandosi di tenere a sinistra la costellazione dell’Orsa; perciò, era diretto a est, verso la costa norvegese. Al diciottesimo giorno di traversata (su una zattera) Ulisse avvistò la costa dei Feaci, simile a uno «scudo nel mare nebbioso» (Odissea, V, 278). Il fatto che nell’Iliade e nell’Odissea il mare venga spesso de finito “nebbioso” e “livido” rafforza l’ambientazione nordica dei poemi. Quando Ulisse avvistò la costa dei Feaci, si scatenò una tremenda tempesta, provocata dal dio del mare Poseidone, fratello di Zeus. Il dio era adirato con Ulisse, colpevole di aver accecato il ciclope Polifemo, figlio proprio di Poseidone. Quando si scatena la tempesta Ulisse è vicino ai monti Sòlimi (Odissea, V, 282), e puntualmente Vinci sottolinea l’esistenza di Solum, piccola città della Norvegia meridionale (a ovest di Lillehammer). Nonostante la tempesta, Ulisse raggiunse la terraferma, “accompagnato” da Atena all’interno della foce di un fiume. Questo particolare fenomeno, denominato inversione di flusso, è rarissimo nel Mediterraneo, ma comune lungo le coste bagnate dall’Atlantico: quando la marea sale, il mare entra nella foce dei fiumi. Finalmente, grazie all’alta marea, Ulisse raggiunse la Scheria, la terra dei Feaci. Essendo stato spinto dal vento di Borea (tramontana), il Vinci ipotizza per Ulisse un approdo a sud della città di Stavanger (Norvegia meridionale), dove iniziano le spiagge e dove si incontra la foce di qualche fiume: ad esempio, la foce del fiume Figgjo. E stavolta, Vinci mette in relazione il nome Figgjo con la parola greca Phaiekes: i Feaci. Poco più a sud della foce del fiume, nell’area di Klepp sono stati trovati molti reperti della prima Età del Bronzo. Nell’Odissea la terra abitata dai Feaci era denominata “Scheria”, ed è significativo il fatto che in norvegese la parola “skerja” significhi scoglio; casualmente, anche Omero parla di grandi scogli (Odissea, VII, 41).

In sostanza, nell’ipotesi ricostruttiva dell’ingegnere Felice Vinci le vicende dell’Iliade e dell’Odissea si sarebbero svolte nel mondo baltico-scandinavo, luogo di nascita dei biondi navigatori achei. Un cambiamento climatico fu forse all’origine della loro migrazione nel Mediterraneo, dove fondarono la civiltà micenea (II millennio a.C.), nella quale confluirono nomi geografici, epos e mitologia della perduta patria nordica. Tale teoria è supportata da un dato ambientale oramai accertato: nell’antichità remota, l’area dell’Atlantico settentrionale era abitata; infatti, il clima era molto più caldo, caratterizzato dal cosiddetto “optimum climatico dell’Olocene”. La data convenzionale d’inizio del periodo denominato Olocene è intorno all’8300 a.C., epoca in cui scomparve definitivamente la calotta scandinava. Da quel momento in poi la temperatura cominciò a risalire fino a raggiungere l’optimum tra il VII e il III millennio a.C.

La freccia rossa indica la città di Aulide (Beozia), da dove partì la spedizione achea. La freccia bianca indica il sito archeologico di Troia (Turchia). La freccia verde indica l’isola di Creta. La freccia gialla indica l’isola di Cipro (foto Google Earth).
La freccia gialla indica l'arcipelago delle Faroe. La freccia rossa indica Stora Dimun, isola delle Faroe caratterizzata dal monte Hogoyggj (da cui potrebbe derivare il nome Ogigia). La freccia bianca indica Mykines, altra isola dell’arcipelago delle Faroe (foto Google Earth).
La freccia bianca indica l’arcipelago delle Faroe. La linea gialla corrisponde alla rotta tenuta dalla zattera di Ulisse dopo essere salpata dall’isola Stora Dimun. La freccia gialla indica la foce del fiume Figgjo, dove Ulisse potrebbe essere stato “accompagnato” grazie all’alta marea. Il Vinci mette in relazione il nome del fiume con la parola greca Phaiekes, cioè i Feaci. La freccia rossa indica il sito archeologico di Klepp, caratterizzato da reperti dell’Età del Bronzo. La freccia verde indica il Mar Baltico (foto Google Earth).